Sara Roversi

(Bologna, 1980) Imprenditrice, ha fondato nel 2014 il Future Food Institute, nato a Bologna e con sedi oggi a San Francisco, Tokyo e Shanghai, ed è direttore esecutivo del master Food Innovation Program. Esperta di innovazione nella filiera agroalimentare e sostenibilità, è promotrice di progetti di innovazione sociale, cooperazione internazionale e programmi di alta formazione. Collabora con istituzioni governative, centri di ricerca e imprese del settore per sviluppare progetti relativi al futuro dell'alimentazione. Negli ultimi dieci anni si è concentrata sull'empowerment di giovani talenti nel settore agroalimentare. È membro dell'Action Council on Sustainability & Global Emergencies al B20 sotto presidenza italiana. Ha ideato, assieme a Carlo Giardinetti, il progetto goodaftercovid19.org.

Qualcosa di particolarmente emozionante a cui stai lavorando?

Il mio è un mondo sempre in fermento, anzi in fermentazione! Insieme ai miei compagni di viaggio, in questi otto anni di Future Food Institute tra nutrimento, fermentazioni e rigenerazione abbiamo connesso persone e realtà di tutto il mondo costruendo un ecosistema che parte da una diversa relazione tra l'uomo e il cibo. Il cibo è vita e nutrimento, ma è pure veicolo di valori, cultura, simboli ed identità. Il cibo è socialità. Mangiare è un atto essenziale, anche se ancora per troppe persone è un gesto automatico a cui non è associato un pensiero; quando invece richiede coscienza e consapevolezza. Costruire ecosistemi internazionali non è facile, richiede tanta generosità, pazienza e uno sguardo lungo. Il nostro si è sviluppato con Living Lab pieni di iniziative a Bologna, Tokyo e in California; è composto da un'anima filantropica che vuole creare nuovi modelli di sviluppo e cultura, alimentando progetti di ricerca, promuovendo programmi formativi, diffondendo conoscenza; ed un'anima imprenditoriale che sostiene imprese, startup, e progetti innovativi capaci di generare impatti tangibili sulla salute dell'uomo e del Pianeta. Programmi didattici che coinvolgono tantissimi ragazzi, hackathon, boot camp, centinaia di Climate Shapers formati ogni anno in tutto il mondo e leader che stanno davvero guidando la transizione. Difficile non lasciarsi quotidianamente travolgere dalle emozioni, anche perché sono convinta che ci siamo messi al lavoro sulla sfida più grande della nostra èra: nutrire le persone in modo sano, avendo cura di preservare il pianeta che le accoglie. In questo contesto globale, multiculturale e multi-generazionale oggi siamo vicini a lanciare un progetto speciale: un vero e proprio Campus, a Pollica, tòpos a cui far riferimento quando si parla di ecologia e di un nuovo pensiero meridiano, modello da replicare ovunque per una prosperità vera e possibile, buona per noi e giusta per tutti gli altri. Pollica non è a caso la culla della Dieta Mediterranea: il luogo dove è stato concepito un modo di stare al mondo capace di mettere davvero in equilibrio la salute dell'uomo e la salvaguardia dell'ambiente; tutela del piacere gastronomico e difesa della biodiversità; orgoglio per la propria identità e consapevolezza di essere figli del meticciato e del continuo scambio tra culture; amore per il mare e radici fortemente piantate nel terreno. Dieta intesa quindi come stile di vita in cui il cibo, quello buono, è senza dubbio protagonista, ma non solo nella sua funzione nutrizionale e salutistica; bensì nel suo potere immenso di plasmare la qualità della vita nella sua interezza. A valle di una pandemia che ha stravolto tutti e tutto, io oggi voglio ripartire da qui, e da questo. Dalla capacità di comprendere la complessità e le infinite interconnessioni. Da quel concetto di ecologia integrale che Papa Francesco prova a spiegarci da anni, in cui tutto è connesso e in cui siamo finalmente consapevoli che ogni nostra scelta ed azione ha una implicazione su ciò che ci circonda. In questo, Pollica e il Cilento possono essere un terreno fertile dove vivere e far vivere tutto ciò e dove creare un Campus sperimentale che non abbia solo il compito di raccontare il passato, ma anche di promuovere nuovi messaggi che vedano protagonisti gli attori del territorio e quel vivere mediterraneo che li contraddistingue ospitando programmi di formazione, innovazione e sviluppo territoriale.

 

Una cosa che il Covid-19 ti ha tolto, ed una che invece ti ha dato?

II 9 marzo 2020 il Covid-19 mi ha letteralmente tirato giù da un aereo in fase di rullaggio e diretto a Riyadh, sancendo l'inizio di una nuova stagione. Negli ultimi otto anni, la corsa forsennata a fare incontri ed esperienze necessarie per costruire il Future Food Institute mi aveva portato a vedere il mondo piccolissimo. Ogni settimana ero in un continente diverso, ed ero arrivata ad ottimizzare il tempo in un modo che mi pareva efficacissimo: nel mio tour mensile in Asia che si alternava tra Tokyo, Singapore, Hong Kong e Shanghai, ero arrivata ad ottimizzare una delle tappe al punto da arrivare in nottata a Shanghai, sfruttare la mattinata per appuntamenti, e a quel punto riprendere un aereo alle 15 che atterrava a San Francisco alle 14 dello stesso giorno, dandomi l'impressione – l'illusione! – di avere letteralmente viaggiato nel tempo. Pura follia. Nonostante fosse una pratica poco sostenibile, per sentirmi un po' meno in colpa compensavo tutto piantumando alberi, e mi tenevo la ricchezza emotiva e di contatto data da ogni viaggio. Era diventata la mia quotidianità, vivevo ogni viaggio come una missione; un vero dono, una scoperta, il tassello di un enorme mosaico in costante evoluzione. Oggi sono grata per ogni chilometro che ho potuto volare, ogni cena che ho potuto condividere, ed ogni mano che ho potuto stringere perché quegli incontri, veri e profondi sono stati il patrimonio su cui abbiamo costruito le fondamenta del nostro Istituto. Questo modo di costruire relazioni, almeno per un bel po' – e poi chissà – non tornerà più. ll Covid-19 ci ha fatto spingere prima il pulsante STOP e adesso quello RESET, obbligandoci a riflettere su cosa conti davvero e costringendoci ad un calvario digitale che ci ha tutti intossicati un po'. Questo calvario io I'ho vissuto appieno, tra maratone di 24 ore, boot camp e cene virtuali, ma per fortuna non mi ha tolto la voglia di esplorare e connettere. Così, nel mezzo del primo grande lockdown, mentre lavoravamo alacremente per riprogettare in modo virtuale tutti i nostri programmi formativi, ho pensato che potesse valere la pena tentare tutto il possibile pur di mantenere in presenza almeno uno dei nostri Climate Shapers Boot Camp con la FAO: proprio quello in Italia, a Pollica, Capitale e Comunità UNESCO della Dieta Mediterranea, Città Slow e icona della lotta ecologica italiana. Così, in un'Italia confusa e silenziosa, dove avevamo pure smesso di cantare dai balconi, ho preso un treno vuoto diretto a Vallo della Lucania per andare ad incontrare il Sindaco Stefano Pisani e discutere con lui se fosse fattibile questa follia. Quel viaggio ha segnato l'inizio di una nuova fase della mia vita. Sono partita pensando di andare a fare un semplice sopralluogo e invece, scoprendo pezzi di storia, incantata dalla biodiversità ambientale e culturale, incontrando personaggi unici, ho trovato la mia strada. In questo modo è nata la Società Benefit Future Food Mediterraneo. Oggi, in un mondo dilaniato da questa terribile pandemia che sta mettendo in ginocchio l'economia globale e sconvolgendo le certezze di molti, e dove il cambiamento climatico complicherà ancora di più la battaglia per la giustizia sociale, c'è ancora più bisogno di nuovi modelli di sviluppo, nuovi sistemi di pensiero, un nuovo modo di concepire la nostra presenza sulla Terra. Da una crisi entropica come quella che stiamo vivendo non si esce mai uguali; ma non è affatto scontato capire in cosa essere diversi e quale direzione dare a questa nuova, difficile, indispensabile rinascita. Con Future Food Mediterraneo stiamo adesso progettando un campus, che inaugureremo tra poche settimane, dove si possa imparare un nuovo tipo di socialità e vivere il concetto di ecologia integrale, di cui la Dieta Mediterranea è l'esempio più concreto. La missione del Future Food Institute e mia non sono cambiate, e vogliamo aggregare tutti quegli audaci esploratori che vedono nella rigenerazione delle aree rurali e dei borghi il punto di partenza per costruire una società più prospera, che riparta da un diverso rapporto con l'alimentazione. Noi siamo quello che mangiamo.

 

Il pensiero laterale più ricorrente di queste settimane?

A valle della settimana intensa che abbiamo appena vissuto con la celebrazione della Giornata della Terra, mi sono trovata un po' travolta da così tanti stimoli di voci illustri, dalle belle parole, dai buoni propositi, ispirata dalle azioni coraggiose di agricoltori e attivisti. Le cose che però mi porterò nel cuore sono alcuni oggetti che ho ricevuto in dono. Il primo è un pezzo di legno grezzo che ci ha regalato un bambino della classe 5C della scuola elementare di Pollica, su cui ha inciso la frase di Greta Thunberg Voi siete rimasti senza scuse e noi siamo rimasti senza più tempo. Il secondo è una bellissima torta, sferica a rappresentare la Terra, un pianeta che ci stiamo letteralmente mangiando. Non so perché ma questi due oggetti mi hanno fatto venire voglia di riprendere in mano Il Piccolo Principe e mi hanno fatto pensare che questa pandemia ha reso davvero visibile l'invisibile portando alla luce l'essenziale; questi doni e il libro di Saint-Exupéry mi hanno ricordato che siamo responsabili di ciò che addomestichiamo; che dovremmo concentrarci di più sulle azioni e meno sulle parole, di più sui valori e meno sui numeri; che sono i dettagli più piccoli quelli che fanno davvero la differenza; che noi viviamo di relazioni e che il tempo è una risorsa scarsa per alimentarle; che è proprio vero che i grandi sono ben strani; che l'amore è non è guardarsi l'un l'altro, ma è guardare insieme in qualche direzione.

 

Una lezione imparata anni fa e che racconteresti ad una platea di studenti?

La vita è un grande mosaico di lezioni ed esperienze in continua evoluzione, e la mia ho sempre cercato di renderla particolarmente densa e estremamente variopinta. Forse una delle lezioni che meglio rappresenta questa intensità di insegnamenti ed ispirazioni è rappresentata dal capitolo Olimpiadi. Poco meno di vent'anni fa, con la prima startup Lifeinaclick volevamo a tutti i costi proporre al Comitato Olimpico Internazionale la nostra idea: dare l'opportunità ai 10.001 tedofori che avrebbero attraversato l'Italia, portando il Fuoco Olimpico e diffondendo il messaggio che esso rappresenta, di avere un ricordo di quel momento unico ed irripetibile. Giovincelli, neolaureati, dopo innumerevoli tentativi in Italia riuscimmo a conquistare qualcuno che ci rispose ad una mail inviata ad un generico indirizzo "info", ad Atlanta, al customer care di Kodak, che a quel tempo esisteva ancora ed era il main sponsor dei Giochi Olimpici per il digital imaging. Una e-mail bella e originale – ma pur sempre una mail –, un progetto innovativo, la perseveranza e la voglia di riuscire a fare quello che volevamo fare tentando strade non convenzionali, sono alla fine diventate l'inizio di una delle esperienze lavorative più emozionanti della nostra vita, ricca di infiniti aneddoti ed insegnamenti di cui ancora facciamo tesoro. Tre Giochi Olimpici – Torino 2006, Vancouver 2010, Sochi 2014 – che abbiamo vissuto intensamente, sentendo la responsabilità di essere con il nostro lavoro non dei meri fornitori di un evento sensazionale ma ambasciatori di un messaggio ricco di valori essenziali. È del resto questo la maratona, sin dai tempi della corsa che nel 490 a.C. avrebbe fatto Fidippide per annunciare a tutta la sua comunità la vittoria di Atene sui Persiani. Un viaggio lungo, senza sosta, dove ciò che ti spinge ad andare avanti e a non cedere alla stanchezza è l'urgenza di condividere un messaggio di estrema importanza per tutta la collettività.

 

L'ultima volta che hai riso o sorriso?

Provo a riempire ogni giornata di sorrisi, e non solo perché da un punto di vista epidermico i sorrisi ci mantengono giovani! Se mi chiedi di una risata in particolare, allora è quella corale e liberatoria fatta sulle note di Heroes di David Bowie che ha sancito la fine della maratona di 24 ore che abbiamo organizzato con la FAO in occasione della giornata Mondiale della Terra. Un evento di cui difficilmente mi dimenticherò. Da oltre mezzo secolo il 22 aprile si celebra la Terra, e per noi di Future Food è una giornata importante per far comprendere quanto le nostre abitudini alimentari e i modelli produttivi siano responsabili della salute umana e del Pianeta. Con l'arrivo della pandemia abbiamo deciso lo scorso anno di prendere ispirazione dal viaggio della Torcia Olimpica per organizzare con la FAO una vera e propria maratona che ha attraversato 34 Stati, dando voce a attivisti, studenti, ministri, agricoltori, chef, scienziati, premi Nobel, attori che a vario a titolo si occupano di sistemi alimentari sostenibili e che, con il loro lavoro quotidiano, stanno curando la Terra partendo dal cibo. C'era ad esempio chi si occupa della rigenerazione del suolo, la cui salubrità è sempre più messa a dura prova. È stato un anno speciale perché abbiamo deciso non solo di trasmettere la maratona, ma anzitutto di viverla insieme, ritrovandoci tutti – tamponati e in sicurezza – dopo mesi di smart working; non in un posto a caso, ma proprio lì, a Pollica, accolti e sostenuti da tutta la comunità locale, dal Forum dei Giovani, dalle maestre e dalle bambine e dai bambini delle scuole, per ricordarci il senso più autentico di questa ricorrenza. Confidavamo in una giornata di sole per trasmettere una grande lezione sulla Terra immersi nella natura, e invece ci siamo beccati la piaggia (tanta) che ha cambiato i nostri piani! Fino a qualche tempo fa l'avrei maledetta, mentre questa volta l'abbiamo accolta con gioia pensando ai mesi aridi dell'estate e all'alto rischio di desertificazione che minaccia il Mediterraneo negli anni a venire. Così, svegli da oltre 24 ore, carichi di adrenalina dopo un lunghissimo live pieno di mille complicazioni tecniche, con il cuore pieno di gioia per le meravigliose persone che abbiamo incontrato lungo il cammino virtuale dall'Australia, agli Emirati al Mediterraneo, da tutta Europa e dall'Africa siamo arrivati nelle Americhe approdando infine alle Hawaii per la sessione finale, dove tutto si è chiuso terminando con un grande sorriso ed un Aloha corale pieno di affetto e compassione.

 

Una cosa che non hai ancora fatto ma che prima o poi farai?

La Maratona di New York. Non ho particolari abilità sportive né chissà quale prestanza fisica, ma è un pallino che ho da tanto tempo. Quando abitavo a New York, vent'anni fa, lavoravo per una radio e con la scusa di fare un servizio sulla maratona riuscii ad avere un pass sul bus della stampa che seguiva l'evento. Eravamo sul ponte di Da Verrazzano che connette Staten Island e Brooklyn, all'alba, prima della partenza, e già sentivamo l'energia di decine di migliaia di persone crescere. Poi l'ondata di maratoneti ci ha circondati e travolti. Un'emozione pazzesca, ma ancora più emozionante ricordo fu aspettare gli ultimi a Central Park a tarda sera. Eroici, felici, soddisfatti per aver realizzato un sogno. Ecco, in quel momento mi sono detta: forse potrei farcela anche io! Un giorno tornerò, non per guardarla ma per correrla, questa maratona.

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La foto scelta da Sara: la torta a forma di Terra