Alcune settimane fa ho conosciuto l’artista Filippo Riniolo e sono rimasto affascinato dalla sua capacità di vedere, di leggere, quello che ci circonda.
Mi ha raccontato del ruolo che hanno avuto le immagini per l’Occidente, dalle icone bizantine a Instagram. Sono andato a vedere cosa avesse combinato, che tipo di aggiornamento avesse provato a fare. Ho trovato queste icone contemporanee, fatte con la tecnica di allora. Con i volti noti di adesso – Angela Merkel, Achille Lauro, Mario Draghi – eppure senza volto. Da ieri non riesco a smettere di pensare a Willy Monteiro Duarte, Colleferro è a pochi chilometri da qui. Non mi capacito di come nel 2020 si possa ancora morire di razzismo, di bullismo, di tutto quello che la procura stabilirà. Continuo a pensare a lui, ai genitori, agli amici, a chi lo conosceva e frequentava.
Qualcuno lo ha ucciso, ma fino a quando violenze come queste accadranno vorrà dire che tutti noi non avremo ancora fatto abbastanza. C’è la giustizia da assicurare, tenendo a bada la rabbia. Ci sono l’istruzione e la cultura, da far fiorire, o piangeremo sempre la stessa storia. Mi sono immaginato l’icona di Willy. Senza volto, che tutti riconoscono, che nessuno dimentica.