Ieri pomeriggio, all’indomani della Giornata della Memoria, ho avuto l’onore di incontrare Elzbieta (detta Bieta) Ficowska, una delle bambine più piccole sopravvissute allo stermino che i nazisti perpetrarono al Ghetto di Varsavia.
Sono scappato dalla Camera e sono riuscito a salutarla alla stazione Termini, per pochi intensi minuti, prima che prendesse un treno dopo due giorni di incontri con la popolazione e gli studenti di Fiumicino.
Bieta è stata salvata – aveva appena 6 mesi di vita – da Irena Sendler, infermiera che durante gli anni dell’occupazione tedesca mise in salvo altri 2500 bambini assieme a lei. La madre la sedò e la nascose in una scatola, si liberò di lei sapendo che non sarebbe sopravvissuta e che era quella l’unica speranza che aveva di salvarla.
Sono rimasto molto colpito dall’insistenza con cui Bieta mi ha ribadito come l’oppressione perpetrata durante la Seconda Guerra Mondiale non fosse rivolta solo agli ebrei ma anche agli zingari – assieme a omosessuali, disabili, prostitute, prigionieri politici.
“Gli zingari hanno meno storia ufficiale, meno fonti documentabili. Sono più invisibili degli altri”, mi ha detto. Parlava in polacco, teneva fissi i suoi occhi azzurri sui miei. Parlava e l’interprete traduceva. Rispondevo, di nuovo la traduzione, e lei che riprendeva a parlare. Ritornava sullo stesso punto, ogni volta aggiungendo un piccolo dettaglio o un elemento nuovo. Alla terza volta ho quasi avuto l’impressione di capire cosa mi stesse dicendo, senza più interpretazione. Quel tono. Quel modo. Ho capito quando è passata a parlarmi della Polonia di oggi.
Bello, infine, che questo incontro abbia avuto luogo nel giorno in cui alla Camera (esame congiunto delle commissioni I e VII) abbiamo iniziato a discutere di una risoluzione promossa dal collega Paolo Lattanzio per impegnare il Governo a sostenere ogni iniziativa mirata al contrasto della diffusione dei messaggi di odio e razzismo antisemita, compresi quelli espressi sul web. L’obiettivo è quello di contrastare la crescita esponenziale di episodi di violenza verbale e fisica nei confronti degli ebrei, soprattutto nei luoghi di maggiore aggregazione giovanile o di disagio socio-culturale. Non potrà esserci futuro senza passato: la memoria degli errori e degli orrori commessi è condizione necessaria – ancorché non sufficiente – per non ripeterli più.