Linda Di Pietro

(1978) Ha scelto di tornare a vivere a Terni quando tutti se ne andavano. Convinta che la cultura e l’arte siano i principali strumenti del cambiamento, ha investito gli ultimi sette anni nella gestione del CAOS, centro culturale di 6000 mq nato sulle ceneri della Società Italiana Ricerche Industriali. La sua azione più rivoluzionaria ha quattro anni, e si chiama Pietro.

Qualcosa di particolarmente emozionante a cui stai lavorando adesso?

La costruzione di una città sospesa. A partire da settembre popoleremo Terni di case sugli alberi. Progettate da architetti internazionali, ospiteranno artisti contemporanei alla ricerca di un punto di contaminazione profondo tra produzione artistica, sfera pubblica, e rigenerazione urbana. Si chiamerà “foresta”.

 

L'esperienza più interessante che hai fatto negli ultimi anni?

Una convivenza di dieci giorni, lo scorso maggio a Rieti, assieme al gruppo di progettisti selezionati all’interno del concorso internazionale di idee Next Snia.  Un ambizioso esperimento di co-creazione e una straordinaria prova di agonismo democratico. E grazie a questo l’incontro con RENA e la scoperta di compagni di viaggio che fanno la differenza.

 

Una lezione che hai imparato e che racconteresti ad una platea di studenti?

How to build a ship in the desert. È la lezione imparata lavorando per dieci anni all’ideazione e realizzazione di CAOS, che da progetto di riconversione tradizionale di un sito di archeologia industriale si è trasformato nella costruzione di un luogo di molte avventure per molti. Come nella costruzione di una nave nel deserto, così il CAOS ha interpretato le condizioni ambientali trasformandosi in una chiamata al sogno collettivo e al viaggio condiviso. Diceva Antoine de Saint-Exupéry: “se vuoi costruire una nave, non raccogliere uomini per procurare legna, preparare utensili, suddividere e distribuire il lavoro, ma trasmetti prima  loro il desiderio struggente del mare immenso e sconfinato”.

 

Una cosa che non hai ancora fatto ma che prima o poi farai?

Fermarmi e guardare indietro. Osservare i sentieri tracciati, i recinti costruiti e divelti, le strade spianate, le persone addomesticate. E cambiare traiettoria, ridefinire le priorità. Se si vogliono fare, e condividere con altri, incontri straordinari, bisogna avventurarsi in luoghi sconosciuti e pericolosi. Nessuno ha mai trovato una balena in una vaschetta per pesci rossi.

 

Una persona che conosci bene e con una storia assolutamente da non perdere?

Andrea Bartoli e Florinda Saieva e la meravigliosa storia di Farm Cultural Park. Un ambizioso progetto di riqualificazione urbanistica e ripensamento socio-culturale, partito cinque anni fa. Tra gli anfratti della città di Favara, in una sorta di kasbah di matrice araba, oggi prende vita una grande residenza artistica e galleria condivisa, dove le installazioni ridisegnano il paesaggio cittadino. Il segno tangibile di una Sicilia (e di un Paese) che vuole cambiare.

30 aprile 2016