Danila Pellicani

(Bologna 1983) Experience Designer, laureata in Disegno Industriale, dopo aver lavorato qualche anno nel mondo del product design italiano si è spostata a New York, dove ha iniziato a focalizzarsi su prodotti digitali e dove ha scoperto il potere sociale del design. Nel 2011 ha portato in Italia Trade School, una scuola fondata sul baratto, e nel 2012 ha co-organizzato la prima edizione di Open Tech School, una scuola per imparare a programmare, free e open, dedicata alle minoranze. Da sempre interessata a capire il ruolo politico, sociale e di business dello human centered design, ora vive a Berlino, dove lavora come Experience Design Director per McKinsey & Co.

Qualcosa di particolarmente emozionante a cui stai lavorando adesso?

Qualche tempo fa commentavo con un’amica alcune notizie, tra cui il fatto che nel 2016 lo European Committee of Social Rights del Consiglio d’Europa ha dichiarato che l’Italia, in tema di interruzione volontaria di gravidanza, sta violando non solo la legge ma anche un importante diritto umano, e questo perché il 70% dei ginecologi italiani è obiettore di coscienza. La legge prevede, infatti, che medici e personale sanitario che si oppongono all’aborto per credo religioso o morale siano esonerati dall’eseguire la procedura. Eravamo semplicemente atterrite, perché non avevamo idea che la percentuale fosse così alta, talmente alta da compromettere di fatto il diritto di scelta delle donne. Allo sgomento si è aggiunto un senso di delusione molto profondo dato dalla scarsa attenzione che lo Stato italiano dà ai diritti delle donne, e alla stasi delle donne stesse, che proprio in quel periodo venivano rappresentate all’Expo come imprenditrci occupate a progettare l’app perfetta per il giorno più bello della loro vita: il matrimonio. Così, da donne, da cittadine italiane ed europee, e da designer ci siamo chieste cosa potessimo fare noi per far valere i nostri diritti. Più concretamente, come potevamo aiutare le donne a trovare strutture disposte a fornire un aiuto adeguato? È nata così l’idea di “abortire in italia”, una app, una piattaforma OpenData, grazie alla quale le donne che vivono in Italia possono trovare strutture sanitarie, consultori e farmacie dove la procedura per l’interruzione della gravidanza o la pillola del giorno dopo sono garantite. Il software sarà rilasciato con licenza Open Source in modo tale che qualsiasi persona possa migliorarlo o riutilizzarlo anche in altri Paesi. Da diversi mesi, ormai, stiamo lavorando al progetto nel nostro tempo libero, per cui siamo ancora in fase di ricerca: abbiamo iniziato a parlare con alcune donne che hanno avuto esperienza di interruzione di gravidanza in Italia per capire quali sono stati i loro problemi, come si sono sentite, e di cosa avrebbero avuto bisogno in quel momento. 

 

L’esperienza più interessante che hai fatto negli ultimi anni?

Molto probabilmente l’esperienza professionale che sto vivendo ora. Sono una designer e lavoro in una società di consulenza. Da un certo punto di vista, è un po’ un sogno che si avvera: riportare l’aspetto umano all’interno del business, attraverso il Design Thinking. Che poi in pratica vuol dire educare le organizzazioni e gli stessi consulenti tradizionali a ridefinire il concetto di “risoluzione dei problemi” mettendo le persone al centro, capendo quali sono i loro bisogni, le criticità, le emozioni, e i comportamenti che hanno in determinate situazioni, e trovando soluzioni innovative che diano indipendenza. Credo che non solo il business abbia bisogno di questo cambiamento, ma anche i governi, le istituzioni, e tutti noi nella nostra vita quotidiana. Pensa al progetto gov.uk, con cui il Regno Unito ha costruito attraverso la metodologia del Design Thinking una piattaforma web per informare, servire e aiutare i cittadini. È una sfida immane, principalmente perché tutti credono che il design sia “fare carine le cose” e non sanno, non capiscono, o non vogliono capire che il design, specialmente il design thinking, ripensa completamente le sfide che le organizzazioni hanno davanti, definendo la strategia e aiutando aziende e governi ad innovare. Certe volte provo ad immaginarmi partiti politici costruiti, o ricostruiti, a partire dal design thinking, con le persone al centro: cambierebbe la qualità della democrazia. E ogni volta mi dico: chissà se nei prossimi anni ci arriveremo.

 

Una lezione che hai imparato e che racconteresti ad una platea di studenti?

Sono cresciuta nella campagna romagnola a suon di punk rock e femminismo, e non scorderò mai la prima volta che un caro amico mi passò un CD dei Minor Threat e delle Bikini Kill: fu la mia svolta adolescenziale. I testi di Ian McKaey e di Kathleen Hanna mi hanno insegnato a credere in me stessa, a combattere la paura di provare cose nuove perché non mi sentivo all’altezza, e questo insegnamento me lo sono portato dietro negli anni, da quando ho iniziato a suonare in una band a quando ho imparato a programmare, e fino ad ora, quando parlo con gli amministratori delegati più influenti al mondo per far capire loro che tutto comincia con le persone. Ed è esattamente questo che direi ad uno studente: non hai bisogno di poteri magici. Piuttosto, prova. Prova e guarda dove tutto ciò ti porta. Magari da nessuna parte, o magari sarai proprio tu il prossimo super-eroe.

 

Una cosa che non hai ancora fatto ma che prima o poi farai?

Ho una lista di cose che vorrei fare che parte da Berlino e arriva in Italia. Forse la piu importante è quella di portare il design thinking all’interno dei governi, specialmente all’interno del governo italiano. In questo momento storico le istituzioni si trovano di fronte a sfide che l’attuale pensiero politico non riesce a risolvere, proprio mentre noi abbiamo bisogno, invece, di risolverle in maniera radicale. Dobbiamo ripensare al ruolo dei governi e dei cittadini, al modo in cui collaboriamo, al senso di appartenenza che abbiamo per il nostro Paese e per l’Europa. In generale, come designer, mi sento di avere un ruolo sociale: sono uno strumento a servizio delle persone, e come tale mi rendo conto di avere una responsabilità politica in tutto ciò che faccio.

 

Una persona che conosci bene e con una storia assolutamente da non perdere?

Una delle persone che ho più a cuore e che ha lasciato un grosso segno nel mio percorso è Marco. Marco ha 38 anni, è tedesco, e qualche hanno fa ha sconfitto il cancro e ha iniziato a prendersi cura di entrambi i genitori che soffrono di sclerosi multipla. Nonostante queste difficoltà, Marco è la persona più positiva e gentile che abbia mai conosciuto, ha un cuore enorme ed è sempre pronto ad aiutare tutti. Conoscere lui e la sua storia mi ha aiutato a rimettere in prospettiva la vita di tutti i giorni e ad alzarmi sempre, nonostante tutto, col sorriso.

 

26 maggio 2017