L’esperienza più interessante che hai fatto negli ultimi anni?
Molto probabilmente l’esperienza professionale che sto vivendo ora. Sono una designer e lavoro in una società di consulenza. Da un certo punto di vista, è un po’ un sogno che si avvera: riportare l’aspetto umano all’interno del business, attraverso il Design Thinking. Che poi in pratica vuol dire educare le organizzazioni e gli stessi consulenti tradizionali a ridefinire il concetto di “risoluzione dei problemi” mettendo le persone al centro, capendo quali sono i loro bisogni, le criticità, le emozioni, e i comportamenti che hanno in determinate situazioni, e trovando soluzioni innovative che diano indipendenza. Credo che non solo il business abbia bisogno di questo cambiamento, ma anche i governi, le istituzioni, e tutti noi nella nostra vita quotidiana. Pensa al progetto gov.uk, con cui il Regno Unito ha costruito attraverso la metodologia del Design Thinking una piattaforma web per informare, servire e aiutare i cittadini. È una sfida immane, principalmente perché tutti credono che il design sia “fare carine le cose” e non sanno, non capiscono, o non vogliono capire che il design, specialmente il design thinking, ripensa completamente le sfide che le organizzazioni hanno davanti, definendo la strategia e aiutando aziende e governi ad innovare. Certe volte provo ad immaginarmi partiti politici costruiti, o ricostruiti, a partire dal design thinking, con le persone al centro: cambierebbe la qualità della democrazia. E ogni volta mi dico: chissà se nei prossimi anni ci arriveremo.
Una lezione che hai imparato e che racconteresti ad una platea di studenti?
Sono cresciuta nella campagna romagnola a suon di punk rock e femminismo, e non scorderò mai la prima volta che un caro amico mi passò un CD dei Minor Threat e delle Bikini Kill: fu la mia svolta adolescenziale. I testi di Ian McKaey e di Kathleen Hanna mi hanno insegnato a credere in me stessa, a combattere la paura di provare cose nuove perché non mi sentivo all’altezza, e questo insegnamento me lo sono portato dietro negli anni, da quando ho iniziato a suonare in una band a quando ho imparato a programmare, e fino ad ora, quando parlo con gli amministratori delegati più influenti al mondo per far capire loro che tutto comincia con le persone. Ed è esattamente questo che direi ad uno studente: non hai bisogno di poteri magici. Piuttosto, prova. Prova e guarda dove tutto ciò ti porta. Magari da nessuna parte, o magari sarai proprio tu il prossimo super-eroe.
Una cosa che non hai ancora fatto ma che prima o poi farai?
Ho una lista di cose che vorrei fare che parte da Berlino e arriva in Italia. Forse la piu importante è quella di portare il design thinking all’interno dei governi, specialmente all’interno del governo italiano. In questo momento storico le istituzioni si trovano di fronte a sfide che l’attuale pensiero politico non riesce a risolvere, proprio mentre noi abbiamo bisogno, invece, di risolverle in maniera radicale. Dobbiamo ripensare al ruolo dei governi e dei cittadini, al modo in cui collaboriamo, al senso di appartenenza che abbiamo per il nostro Paese e per l’Europa. In generale, come designer, mi sento di avere un ruolo sociale: sono uno strumento a servizio delle persone, e come tale mi rendo conto di avere una responsabilità politica in tutto ciò che faccio.
Una persona che conosci bene e con una storia assolutamente da non perdere?
Una delle persone che ho più a cuore e che ha lasciato un grosso segno nel mio percorso è Marco. Marco ha 38 anni, è tedesco, e qualche hanno fa ha sconfitto il cancro e ha iniziato a prendersi cura di entrambi i genitori che soffrono di sclerosi multipla. Nonostante queste difficoltà, Marco è la persona più positiva e gentile che abbia mai conosciuto, ha un cuore enorme ed è sempre pronto ad aiutare tutti. Conoscere lui e la sua storia mi ha aiutato a rimettere in prospettiva la vita di tutti i giorni e ad alzarmi sempre, nonostante tutto, col sorriso.
26 maggio 2017